martedì 31 gennaio 2012

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un Edipo troppo grande.
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Solo con gli occhi aperti sott'acqua si può vedere la donna amata

giovedì 26 gennaio 2012

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un'idea esagerata di libertà
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‎'o bè, ì fors' nun torno cchiù. 'e cammenate senza dio. che voglia 'e te vedè. me manca assai na cumpagnia

venerdì 13 gennaio 2012

Questo è Franz Kafka




- NON SI SFUGGE ALLA MACCHINA


La definizione di 'kafkiano' è stata incredibilmente banalizzata, e viene usata indifferentemente per qualificare, nella sua accezione volgare, tutto ciò che presenta un aspetto labirintico, strano cupo o assurdo.
Per quanto riguarda il cinema pochi film in realtà testimoniano un’autentica ispirazione kafkiana, oltre che nelle tematiche anche nelle atmosfere, nelle inquadrature e nelle architetture.
Questo ci ha spinto a decidere di proiettare: 'Il processo' di Orson Welles (che riteniamo a distanza di tanti decenni dalla realizzazione, la migliore pellicola intorno a Kafka); e ad accompagnarla una più recente: Fuori Orario di Martin Scorsese (che sebbene su toni diversi e con meno elementi, richiama chiaramente ad alcune caratteristiche kafkiane che analizzeremo più avanti).
In questi due film non c'è soltanto Kafka, riferimenti minori in Welles vanno ricercati in tutti i suoi film di quel periodo (Citizen Kane, La signora di Shangai), e in Fuori Orario si noteranno riferimenti al Mago di Oz e ad alcune novelle di Boccaccio.
Di seguito analizziamo brevemente alcune caratteristiche dell'opera di Kafka che ci interessano come introduzione e approfondimento al ciclo di proieizioni, soffermandoci su alcuni elementi che ritroveremo nel Processo di Welles e in funzione di confronto e in maniera minore in Fuori Orario di Scorsese.
Tra i registi e film kafkiani, oltre ad Orson Welles, si potrebbero citare fra i tanti anche Alfred Hitchcock, David Cronenberg, Joseph Losey, e tutta una lunga lista di singoli film che si avvicinano alle caratteristiche del genio praghese.
Ad essere abusata non è solo la definizione di kafkiano, ma anche e soprattutto i temi dell’opera di Kafka, che sono ormai diventati, a distanza di decenni, patrimonio comune della cultura occidentale contemporanea (basti pensare, per ricordarne solo uno dei più inflazionati, al rapporto cittadino-sistema burocratico). Questo ha comportato inevitabilmente una loro banalizzazione, ma conferma anche la loro attualità e la loro dimensione problematica e angosciante.
Quello intorno a Kafka è un cinema politico, non fondato sulla possibilità di evoluzione-rivoluzione, ma sull'impossibilità-intollerabilità. Non ci risparmiamo questo vicolo cieco, anticorpo necessario per non cadere in popoli e rivoluzioni di cartapesta.
Il centro della nostra ricerca è riassunto nella frase 'non si sfugge alla macchina', ovvero l'analisi dell'individuo vittima di meccanismi totalizzanti che pervadono tutti gli aspetti della vita e della società, una rappresentazione che ci apre un vastissimo campo di analisi delle forze sociali e del potere, una rete di relazioni pregne di desiderio che permettono di spiegare in modo profondo la realtà, quella realtà che Kafka aveva saputo vedere con decenni di anticipo, e che oggi si rivela in tutta la sua potenza.

P.s.
Quelle che seguono sono solo alcune delle strade possibili per entrare nell'opera di Kafka.
Queste riflessioni non vogliono essere una spiegazione del Processo e di Fuori Orario, e non valgono neanche come analisi dell'opera di Kafka (che non sarebbe certo possibile realizzare in poche paginette). Senza pretesa di completezza, omettiamo volutamente tutta una lunga serie di ragionamenti che servirebbero per un'analisi complessiva.
Per un maggiore approfondimento consigliamo in fondo alla pagina una bibliografia minima.

- LA MACCHINA:

PORTE SENZA USCITE [triangoli-segmenti-concatenamenti-ingranaggi]
Aprire la porta dell'opera di Kafka significa entrare in una rete di ingranaggi, connessi da porte e soggetti connettori (spesso triangoli sociali) che formano quella che definiremo 'la macchina', un sistema permeante e totalizzante di tutta la società, e per questo non riconoscibile nella sua completezza, denso di aspetti di potere e desiderio.
Partendo da quello che si può forse definire il triangolo sociale originario, cioè quello familiare (padre-madre-figlio), si diramano o si mischiano altri triangoli dai quali la famiglia mutua la propria missione di propagare la sottomissione, di abbassare e far abbassare la testa: il triangolo giudiziario, economico, burocratico, politico ecc..
Questi triangoli sono spesso sfocati, diffusi, totalizzanti, si trasformano e si confondono gli uni negli altri, ad esempio: giudice-avvocato-imputato, zio-avvocato-impiegati, impiegati-poliziotti-giudici donne-pittori-avvocati donne-giudici-imputati.
Man mano che emergono tutti i vari triangoli oppressivi, emerge la possibilità-impossibilità di una via d'uscita, di una linea di fuga.
Tutte le porte, le uscite, le fughe, non portano a liberarsi della macchina perchè seguono la direzione di altri segmenti a loro volta collegati: questo aspetto è anche 'geografico' e 'architettonico', ad esempio: aprendo la porta dello sgabuzzino della banca ci si ritrova in tribunale, aprendo la porta dietro lo studio del pittore ci si ritrova negli uffici di cancelleria, se si procede dietro al tribunale comincia un groviglio di uffici e tunnel, come un'invasione cancerosa, che occupa tutti gli spazi.
Quello che fa Kafka è estrarre dalle rappresentazioni sociali i concatenamenti e le macchine, per poi smontarli.
I personaggi del Processo, ad esempio, sono tutti funzionari o ausiliari della giustizia, e non solo i giudici gli avvocati e gli imputati, ma anche le donne le ragazzine il pittore e lo stesso K.
Durante il romanzo e durante il film, trasformando i triangoli sino all'illimitato, facendo sdoppiare i doppi fino all'indefinito, Kafka ci apre un vastissimo campo di analisi delle forze sociali e del potere , una rete di relazioni pregne di desiderio che permettono di spiegare in modo profondo la realtà.
“Il meccanismo fa parte della Macchina in quanto pezzo meccanico, ma anche quando smette di esserlo”.
Ecco il genio di Kafka, l’aver compreso che gli uomini e le donne sono parte integrante della Macchina dell'oppressione anche e soprattutto nel tessuto delle connessioni familiari, nel riposo, nell'amore, nella protesta, nell'indignazione, al di là della stessa “autentica” alienante e meccanizzante catena di montaggio.
Entrare nella macchina, uscirne, accostarla, fa sempre parte della macchina. Fuga - rivolta - protesta: sono gli stati del desiderio.
L'animale fa parte della macchina-tana anche quando ne è fuori. Il lavoratore fa parte della macchina-montaggio anche fuori dal lavoro. Nel romanzo Il Castello la differenza fra Castello e Paese si perde. Nel Processo abbiamo a che fare con una macchina-giustizia talmente totalizzante che non fa differenza sapere d'esserci dentro o fuori.

L'ILLUSIONE DELL'ARTE COME FUGA
Anche l'arte in Kafka fa parte dell'ingranaggio: oltre alla macchina della letteratura e della scrittura, prendiamo ad esempio la scena in cui K per risolvere il suo caso si reca dal pittore Titorelli su consiglio della cameriera dell'avvocato: il pittore è famoso “per avere una grossa influenza sulla corte, come nessun altro ne ha”, e perchè si occupa di 'aiutare il prossimo'.
Anche l'arte, come le donne, aprono delle vie di fuga apparenti.
Anzi Titorelli gli precisa che è proprio nel suo studio, quando arrivano i giudici a farsi fare il ritratto, che si muovono i fili del meccanismo della giustizia.
Arte e potere quindi. Arte di Stato.
Arte a cui Kafka assegna una funzione assai superiore che agli altri elementi.
Quando i due si congederanno, Titorelli regalerà a K. dei quadri tutti intitolati "fuga nella brughiera" ("vedo che il soggetto le piace"), e quando K aprirà la porta antistante lo studio per scappare, si ritroverà con stupore nei corridoi degli uffici della Corte Suprema: "che c'è, non lo sapeva? anche il mio studio appartiene alla Corte!".
Cameriera dell'avvocato - Pittore - Corte Suprema.
Un triangolo del meccanismo della macchina.
Anche in Fuori Orario l'arte è l'unico mezzo per il protagonista per fuggire da un circolo di eventi assurdi da cui non riusciva ad uscire: ma quell'arte sotto forma di scultura, lo riporterà nella stanza del suo ufficio, davanti al suo computer di lavoro.
L'arte dà quindi l'illusione di essere una via di fuga, per aiutare l'uomo ad uscire dal meccanismo. Ma è una libertà apparente, una libertà illusoria, di cartapesta.

SEGMENTI E DESIDERIO - LA DONNA E LA CONNESSIONE - PORNOGRAFIA IN KAFKA
La macchina collega segmenti fra loro anche distantissimi.
Ogni segmento è potere e insieme una figura del desiderio, e il desiderio è polivoco e pervade tutto.
Là dove si credeva che ci fosse la legge c'è invece il desiderio, e desiderio soltanto.
Nel Processo anche le donne equivoche e le ragazzine perverse sono funzionari della giustizia, non solo la corte e gli avvocati, e il libro del giudice è invece pieno di figure oscene. La legge scritta su un libro porno.
Non si può quindi parlare della macchina senza soffermarsi su un elemento fondamentale che connette svariati segmenti, e che è rappresentato dalle figure delle donne.
K nel Processo è funzionario di banca e su questo segmento in connessione con tutta una serie di funzionari, di clienti, e con Elsa, l'amichetta; ma è anche arrestato in connessione con ispettori testimoni e la signorina Burstner; ed imputato in connessione con uscieri, giudici, e con la lavandaia; esperto in procedura in connessione con l'avvocato e Leni; artista in connessione con Titorelli e le bambine.
Ognuna di esse è attaccata ad un segmento: una al sistema bancario, un'altra ai funzionari subalterni, un altra ancora al giudice istruttore e agli avvocati, e tutte a loro volta sono connesse con la funzione generale, cioè con il Processo.
Queste serie di donne nel Processo fanno godere indiscriminatamente giudici avvocati e imputati.
Ci si perde, eroticamente, con un inserviente nel retro di un ufficio, con una cameriera nel salone dell'avvocato, con un altra nell'aula di tribunale. Senza contare i riferimenti all'omosessualità di Titorelli nel far spogliare K nello studio.
Anche in Fuori Orario il protagonista per desiderio si abbandona ad una serie di relazioni che lo porteranno in quel circolo di eventi assurdi da cui non riesce ad uscire, e cercherà in altre donne l'aiuto per aprirsi una via di fuga; anche in questo caso ognuna di queste donne rappresenterà poi un ulteriore segmento di quel meccanismo misterioso che opprimerà il personaggio per tutta la notte.
Non c'è modo migliore per dire che la funzione generale è indissolubilmente sociale ed erotica.
Il ruolo delle ragazze è quasi sempre di rompere un segmento, aprire una linea di fuga, svelare la contiguità di ciò che invece si credeva remoto; ma è una fuga che porta ad attaccarsi ad un altro pezzo della macchina, ogni segmento ha una porta sul corridoio che lo collega con un altro.
Quindi l'erotismo di queste donne non ha affatto una funzione ritardante del processo o deviante dell'attenzione di K, come molti hanno invece scritto.
K si perde con queste donne, in un abbandono in cui si misconosce, e con queste donne K si fonde.
Ecco, i personaggi del Processo non sono più persone, ma una molteplicità irriducibile in divenire,valgono solo in quanto trasformazione gli uni degli altri. Tutti i personaggi, poliziotti colleghi studenti portieri bambine avvocati pittori preti formano una serie proiettiva di una stessa esistenza che non esiste al di fuori delle proprie metamorfosi.
Kafka si masturba davanti alle istituzioni, K tocca il culo alle donne, fa sesso in piena aula di tribunale, mentre di Kafka tutti hanno capito che è l'auto-processo! Mentre egli è imputato magistrato accusatore: tutto è in questo processo. E' l'immensità de Il Castello! Il pubblico crede che Kafka si è fatto il processo da solo per dire che siamo tutti colpevoli. Ne hanno fatto uno scrupolo di coscienza di questo grande pornografo che era Kafka.
Non è semplice sesso il suo, è pornografia. Eccesso di desiderio. Il vero senso dell'osceno.
Fece infatti scandalo fra tutti gli studiosi che non avevano capito questo aspetto di Kafka, la scoperta che lo scrittore possedeva in cassaforte numerose riviste porno e che usava frequentare spesso cinema per vedere film spinti, portandosi dietro anche le sorelle.
Altro che intimista ed esteta!

KAFKA E LA LEGGE: "non è necessario credere che tutto sia vero, ma che tutto è necessario"
Tanto è stato scritto su Kafka e Il Processo, molte stupidaggini sull'allegoria, il simbolismo, dramma interiore, l'autoprocesso, la trascendenza della legge, l'apriori della colpa.
Ma Kafka ha un'intenzione ben diversa.
Il problema di Kafka non è tanto di costruire un immagine della legge trascendente e inconoscibile quanto di smontare il meccanismo di una macchina ben più grande che ha bisogno della legge solo per accordare i suoi ingranaggi.
Le figure della legge, i segmenti dei poliziotti o quello degli avvocati, non si presentano più come elementi gerarchizzati della legge ma come agenti di ingranaggi connessi e comunicanti con altri.
Il Processo è innanzitutto un'indagine scientifica sul funzionamento della macchina, in cui la legge svolge il ruolo di armatura esterna.
Certo nel Processo la legge ha un contenuto che resta inconoscibile, può essere solo enunciata in sentenza, e la sentenza appresa solo in una pena. Nessuno conosce l'interno della legge. La verità è sempre nell'ufficio accanto, e poi in quello accanto ancora.
Ma K si accorge che l'importante non è quello che avviene in tribunale, ma i movimenti delle parti, le agitazioni molecolari che si giocano nei corridoi, dietro le quinte, nella stanza accanto, tutti i micro-eventi che esprimono il desiderio e i suoi casi.
Anche la politica funziona così per Kafka. Nei congressi socialisti ad esempio, tutti i problemi si affrontano nei retroscena dei meeting, altrove, mentre nei dibattiti si affrontano solo le questioni ideologiche.
Se il potere è segmentato, la legge non è conoscibile, è inaccessibile e irrappresentabile.
"Posso ottenere per te un rinvio a giudizio illimitato", gli dice Titorelli. Il Processo è infinito.
Il pittore dipinge la giustizia come fortuna cieca, desiderio alato.
E' curiosa la giustizia con le ali, dice K, per non turbare la bilancia la giustizia non dovrebbe muoversi

ISTITUZIONI TOTALIZZANTI_POLITICA IN KAFKA
Ciò che è inquietante in Kafka oltre agli eventi, è che i soggetti si comportino come se si trovassero davanti a fenomeni normali, e il personaggio K nei vari romanzi non fa mai la domanda ovvia che ci si aspetta davanti agli eventi assurdi di cui è parte.
Questa normalità ci dice due cose:
1. per Kafka terrificante è la quotidianità del grottesco
2. se il potere non è piramidale ma è segmentato, i soggetti non lo riconoscono; il potere diviene imperscrutabile, e quindi i soggetti non si rendono conto di essere parte della macchina (da qui l'importanza dei subalterni).
Nei paesi sovietici Kafka fu duramente attaccato per " l'intimismo piccolo-borghese e l'assenza di ogni critica sociale, e per lo spietato ritratto della burocrazia e dei lavoratori".
Kafka è proprio quello che il Partito comunista estromette.
Ne è lontano perchè mette in discussione lo schema di ogni potere, sfuma le distanze fra oppressi e oppressori, contesta i regimi e in particolare la burocrazia sovietica e ci parla del welfare-state che accudisce il cittadino "dalla culla alla tomba" (fra scuola lavoro dopolavoro cral e pensione, tipico delle socialdemocrazie), ne è lontano perchè per Kafka lo sfruttamento non avviene solo sulla catena di montaggio, ma soprattutto lo scrittore mette in discussione il mito dell'emancipazione attraverso il lavoro.
"Qualora noi meritassimo una libertà, dovrebbe essere affrancamento dal lavoro e non occupazione sul lavoro. Anche se non si scappa mai dalla catena di montaggio. On n'échappe pas de la machine. Non si sfugge alla macchina. L'oppressione durissima si fa sentire poi in auto, in famiglia, in casa, nella rivoluzione, nell'amore, nella speranza."
Il potere, e quindi anche lo sfruttamento, è diffuso in tutto il campo sociale e assume forme molteplici.
Nel Processo K è un burocrate, e il luogo di lavoro viene rappresentato come un alienante capannone fatto da piccole scrivanie per ogni funzionario e una macchina da scrivere per lavoratore. Una fabbrica di burocrati, che verrà poi messa in connessione con la sua famiglia, con il segmento delle donne e con quello della giustizia.
In Fuori Orario il protagonista è un programmatore informatico che nelle ore del dopolavoro prova a svagarsi fra letture erotiche e appuntamenti con ragazze appena conosciute, e alla fine del giro ritornerà senza volerlo davanti al computer del suo ufficio. L'oppressione non è dovuta solo al lavoro quindi (che di sicuro non rende liberi) ma a tutta la serie di segmenti a cui è connesso l'individuo anche al di fuori del posto di lavoro.
Le macchine fanno coesistere macchinisti carnefici e vittime, potenti e impotenti, un eros burocratico, che potrebbe essere capitalista comunista o fascista. E non esiste un desiderio rivoluzionario che si opponga alle macchine del potere.
Guardando gli eventi del suo tempo, Kafka vide l'America precipitare e indurire il capitalismo, lo sfacelo economico aprire la strada ai fascismi, la rivoluzione russa e le altre rivoluzioni aprire le strade a nuove inaudite forme di stato onnipresente e burocratizzato, altro che rinnovamento e liberazione dell'uomo.
Allora con la sua macchina letteraria Kafka cercherà di anticipare queste precipitazioni, superarle, come un orologio che anticipa il tempo. Se non è possibile distinguere fra oppressi e oppressori, fra potere e desiderio, occorre trascinarli tutti in un avvenire troppo possibile nella speranza che così facendo si schiudano anche delle linee di fuga o di difesa vacillanti e deboli. Afferrare il mondo per farlo fuggire, invece di fuggire o accarezzarlo. La chiave della ricerca starà proprio nel riconoscere di essere parte integrante della Macchina. Questa la presa di coscienza che può distruggere la spersonalizzazione.
Tutto il mondo di Kafka vive una grande spersonalizzazione. Non c'è soggetto, ci sono solo concatenamenti collettivi.
La lettera K non designa più nè un narratore nè un personaggio ma un concatenamento macchinistico.
Non esiste più una condizione privata che non sia immediatamente anche politica, dal momento in cui i triangoli oppressivi della macchina collegano famiglia, potere, giustizia, economia, sesso e sentimenti.
Kafka è politico da cima a fondo, indovino del mondo futuro e dei concatenamenti vecchi e nuovi.
Uno scrittore al di sopra delle leggi degli stati dei regimi. Tutto è politica in Kafka.

ORSON WELLES E KAFKA: ARCHITETTURE DI UN FEELING
Il cinema di Orson Welles, al di là del Processo ma già in Citizen Kane, Falstaff, La signora di Shangai, ha un rapporto profondo con l'architettura. Architetture di splendori e decadenze, barocchi degradati, salite e discese, scalinate infinite, edifici mastodontici, soffitti bassissimi, riprese dall'alto e controriprese. Grandi angoli e grandi profondità di campo, corridoi illimitati, trasversali contigue.
Le architetture e i movimenti di macchina di Welles sono già quelli che animano l'opera letteraria di Kafka, e il film Il Processo combina benissimo questi elementi come possiamo vedere nella scena del pittore Titorelli con le bambine nel lungo corridoio sbarrato di legno, le lontananze, le contiguità e le linee di fuga.
Welles esplora ogni regione (quella delle donne, dell'infanzia, dell'arte), non rivelando immagini-ricordo ma liberando presenze allucinatorie: il libro più serio è anche pornografico, gli adulti più minacciosi sono anche bambini e vengono picchiati, le donne sono al servizio della giustizia, ma la giustizia forse è amministrata da bambine, e la segretaria dell'avvocato è una donna una bambina o un dossier sfogliato?
Se Welles ha affrontato Kafka con successo è perchè ha saputo mostrare come regioni spazialmente distanti comunicavano fra loro. In questi cunicoli stretti Antony Perkins apre le porte e si ritrova dentro la macchina.
Il sistema del giudizio diventerà definitivamente impossibile anche e soprattutto per lo spettatore.

P.S.
Kafka era restio a pubblicare le sue cose, e quel poco che pubblicò in vita, lo fece sotto insistenza degli amici, e insistendo con gli editori per la correttezza della pubblicazione.
Gran parte delle sue opere è stata pubblicata postuma.
Prima di morire Kafka aveva dato l'incarico al suo amico e testamentario Max Brod di bruciare tutta la sua opera.
Una parte di scritti Kafka li aveva già bruciati precedentemente, e altri li aveva sequestrati e distrutti la Gestapo.
Brod contro le sue indicazioni conservò e sistemò il materiale rimasto che tramite passaggi di eredità anche indiretti sono arrivati fino a noi. Il processo, come quasi tutte le opere di Kafka, è quindi un romanzo incompleto, rivisto e modificato da Brod.
Su questa volontà quasi di segretezza dello scrittore praghese non vogliamo elaborare teorie.
Dopo aver fatto un pò di chiarezza (si spera), concludiamo con una frase di Bene che ci confonde di nuovo le idee:

"Ci sono cose che devono restare inedite per le masse anche se editate. Pound o Kafka diffusi su Internet non diventano più accessibili, al contrario. Quando l'arte era ancora un fenomeno estetico, la sua destinazione era per i privati. Un Velazquez, solo un principe poteva ammirarlo. Da quando è per le plebi, l'arte è diventata decorativa, consolatoria. L'abuso d'informazione dilata l'ignoranza con l'illusione di azzerarla. Del resto anche il facile accesso alla carne ha degradato il sesso."

Auguri.

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bibliografia minima consigliata:
- Gilles Deleuze Felix Guattarì : Kafka, per una letteratura minore _Quodilbet editore
- Gilles Deleuze: Cinema L'immagine-tempo L'immagine-movimento _Ubueditore
- Franz Kafka: Racconti - Romanzi _Mondadori_I meridiani

mercoledì 11 gennaio 2012

non perde un colpo Gilles

La pansè

Ogni giorno cambi un fiore
e lo appunti in petto a te...
Stamattina, sul tuo cuore,
ci hai mettuto una pansé...
E perché ce l'hai mettuta?
se nun sbaglio l'ho capito...
Mi vuoi dire, o bella fata,
che tu pensi sempro a me...
Ah!....

Che bella pansé che tieni,
che bella pansé che hai...
me la dai?
me la dai?
me la dai la tua pansé?
Io ne tengo un'altra in petto
e le unisco tutt'e due:
Pansé mia e pansé tua...
in ricordo del nostro amor!

Questo sciore avvellotato,
tanto caro io lo terrò...
Quando si sará ammosciato,
io me lo conserverò....
Ci ha tre petali, tesoro,
e ogneduno ci ha un pensiero...
sono petali a colori:
uno giallo e due marrò...
Ah!...
Che bella pansé che tieni...

Tu sei come una fraffalla
che svolacchia intorno a me...
Poi ti appuoi sulla mia spalla
con il pietto e la pansé...
Io divento un mammalucco,
poi ti vaso sulla bocca
e mi sembra un tricchi-tracco
questo vaso che do a te!
ogni giorno sotto ogni riguardo progredisco sempre di più - ogni giorno sotto ogni riguardo progredisco sempre di più - ogni giorno sotto ogni riguardo progredisco sempre di più - ogni giorno sotto ogni riguardo progredisco sempre di più - ogni giorno sotto ogni riguardo progredisco sempre di più -ogni giorno sotto ogni riguardo progredisco sempre di più..