giovedì 17 settembre 2015

tutto ricordare, tutto dimenticare
che fai?
è per ricordo, ne prendo sempre alla fine di ogni viaggio
perchè i sassi?
sono belli, una rosa del deserto, un ossidiana di lipari
anche sassi qualsiasi?
si, anche sassi qualsiasi
leo mi porti con te in lapponia?
certo
almeno là non c'è nulla che ci assomigli
dieci anni di ultime corse

Moro, suerte

/ e i poveri ciuchini che inciampavano mezzi addormentati / e gli uomini avvolti nei loro mantelli / addormentati all'ombra sugli scalini / e le grandi ruote dei carri dei tori / e il vecchio castello vecchio di mill'anni / sì e quei bei Mori tutti in bianco / e turbanti come re / che ti chiedevano di metterti a sedere in quei loro buchi di botteghe / e Ronda con le vecchie finestre delle posadas / fulgidi occhi celava l'inferriata / perché il suo amante baciasse le sbarre / e le gargotte  mezzo aperte la notte / e le nacchere / e la notte che perdemmo il battello ad Algesiras /  il sereno che faceva il suo giro con la sua lampada / e Oh quel pauroso torrente laggiù in fondo / Oh e il mare / il mare qualche volta cremisi come il fuoco / e gli splendidi tramonti / e i fichi nei giardini dell'Alameda / sì e tutte quelle stradine curiose / e le case rosa e azzurre e gialle / e i roseti e i gelsomini e i geranii e i cactus / e Gibilterra da ragazza dov'ero un Fior di montagna / sì quando mi misi la rosa nei capelli / come facevano le ragazze andaluse / o ne porterò una rossa / sì  / e come mi baciò sotto il muro moresco / e io pensavo be' lui ne vale un altro / e poi gli chiesi con gli occhi di chiedere ancora / sì allora mi chiese se io volevo / sì dire di sì / mio fior di montagna / e per prima cosa gli misi le braccia intorno / sì e me lo tirai addosso / in modo che mi potesse sentire il petto tutto profumato / sì e il suo cuore batteva come impazzito / e sì  dissi  / sì voglio / sì.

Napoli, Via Chiaia, aprile 1959: l'uomo dal trench

A via Chiaia un amico mi additò due volte Renato Caccioppoli, vestito del suo logoro trench bianco sporco, curvo e prostrato la prima volta, gesticolante, come se accennasse con la mano un tema musicale, e vacillante nel passo, la seconda.
Aveva gli occhi socchiusi e pareva non vedere nessuno. Io avevo già fuggito il mondo della mia famiglia, dal quale anche lui si era molti anni prima allontanato, e in nome di valori che mi parevano affini ai miei. Somigliava in quell'incontro a un personaggio di Beckett, che in quel periodo stavo leggendo. Mentre lui si accingeva a togliersi la vita, senza che la sua intenzione fosse trapelata all'esterno, io mi accingevo a sposarmi in segreto. Ho sempre pensato da allora, per la casuale concomitanza di quei due avvenimenti, che il segreto doveva proteggere gli atti fondamentali della vita e a questo principio mi sono finora attenuta.
it's not always possible
l'effondrement

sti 'rrose rosse addirose,
musse' pe' vase', rosse cerase
spina ca cchiù 'ncasa
c'ò core me pogno, p'ammore se sponna
'o tiene 'mpugno stritto, sbatt'o stesso pecchè sape 'o fatt suoje,
core doce cchiù doce fallo felice
nun 'o fà cadè pure si coce
anema tu me chiamme chiammeme,
saneme circheme nun me fa spantechià
ma si me fa vasà nun me fa aspettà,
'o ffa, fallo là pe là.
Vita mia sempre conta 'o tiempo
si stu tiempo 'e te se jenche,
passeme suspire no 'nzirie
core cchiù core, core cchiù ammore

vene l'ammore e se ne va,
e se ne va,
e lascia 'o core che more, che può fa,
si se ne va e te ne vai mo
lascianno 'e spine 'int'a stu core che vò murì
je nun ce crere
nun è 'o vero
fine 'a jer stive cu me, stive cu me


col mio corpo sulle spalle
discenderai questa montagna, Rainer
giù per il Tabor, cioè pe San Martino
intervalli di respiro irregolari
epperò
tutt'a sghimbescio, tutto sottosopra,
specchio capovolto nella rétina dell'occhio
cono rovesciato
la stanza sarà vuota come prima, senza me -
vuoto, altrettanto, il cunicolo di luce
la tana di poesia al terzo piano.
Avanzerai ingobbito, tu, al posto mio,
sotto il peso di un grifone a quattro teste -
mon cadavre -
piume ed artigli impallinati,
piombo scarlatto sulle lingue penzolanti.
Navi entreranno a Babilonia
su per le scalette, malsicure e puzzolenti,
degli embargos di Toledo:
spugna, la mia pelle, saliva, la scrittura:
sarò buono da mangiare alla Tavola dei Poveri -
feste di santa Maria - Cannibala -
occhi scuri, scuri, tragici, Medea

si tace di tante cose, Antonio


è una cosa certa come il Monte Bianco, come l'Elburz: loro non si sposteranno! E il Vesuvio, Boris, che scuote e non si sposta! Attraverso la natura si può capire tutto, tutto l'essere umano - perfino te, perfino me.
Un tempo c'erano i parnassiani, adesso i vesuviani.
E i primi vesuviani siamo tu, io.

Marina Cvetaeva
a Boris Pasternak, 1925

per un ecologia integrale


"La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana. Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura.

Affinché sorgano nuovi modelli di progresso abbiamo bisogno di cambiare il modello di sviluppo globale, la qual cosa implica riflettere responsabilmente sul senso dell’economia e sulla sua finalità.
Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro.
In questo quadro, il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine. Abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi

Ogni progetto produttivo o di qualsiasi politica, piano opera o programma dev’essere elaborato in modo interdisciplinare, trasparente e indipendente da ogni pressione economica o politica. Dev’essere connesso con l’analisi delle condizioni di lavoro e dei possibili effetti sulla salute fisica e mentale delle persone, sull’economia locale, sulla sicurezza. I risultati economici si potranno così prevedere in modo più realistico, tenendo conto degli scenari possibili ed eventualmente anticipando la necessità di un investimento maggiore per risolvere effetti indesiderati che possano essere corretti. È sempre necessario acquisire consenso tra i vari attori sociali, che possono apportare diverse prospettive, soluzioni e alternative. Ma nel dibattito devono avere un posto privilegiato gli abitanti del luogo, i quali si interrogano su ciò che vogliono per sé e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le finalità che trascendono l’interesse economico immediato. Bisogna abbandonare l’idea di “interventi” sull’ambiente, per dar luogo a politiche pensate e dibattute da tutte le parti interessate. La partecipazione richiede che tutti siano adeguatamente informati sui diversi aspetti e sui vari rischi e possibilità, e non si riduce alla decisione iniziale su un progetto, ma implica anche azioni di controllo o monitoraggio costante. C’è bisogno di sincerità e verità nelle discussioni scientifiche e politiche, senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o meno dalla legislazione.

Nei Paesi che dovrebbero produrre i maggiori cambiamenti di abitudini di consumo, i giovani hanno una nuova sensibilità ecologica e uno spirito generoso, e alcuni di loro lottano in modo ammirevole per la difesa dell’ambiente, ma sono cresciuti in un contesto di altissimo consumo e di benessere che rende difficile la maturazione di altre abitudini. Per questo ci troviamo davanti anche ad una sfida educativa.
Il consumismo ossessivo è il riflesso soggettivo del paradigma tecno-economico. Tale paradigma fa credere a tutti che sono liberi finché conservano una pretesa libertà di consumare, quando in realtà coloro che possiedono la libertà sono quelli che fanno parte della minoranza che detiene il potere economico e finanziario.

La situazione attuale del mondo provoca un senso di precarietà e di insicurezza, le persone diventano autoreferenziali e si isolano nella loro coscienza. Perciò non pensiamo solo alla possibilità di terribili fenomeni climatici o grandi disastri naturali, ma anche a catastrofi derivate da crisi sociali.
Ad ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle.
Se i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi, la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. Tuttavia dobbiamo anche riconoscere che alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente. Altri sono passivi, non si decidono a cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti.

Tuttavia, non basta che ognuno sia migliore per risolvere una situazione tanto complessa come
quella che affronta il mondo attuale. I singoli individui possono perdere la capacità e la libertà di vincere la logica della ragione strumentale e finiscono per soccombere a un consumismo senza etica
e senza senso sociale e ambientale. Ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie, non con
la mera somma di beni individuali: Le esigenze di quest’opera saranno così immense che le possibilità delle iniziative individuali e la cooperazione dei singoli, individualisticamente formati, non saranno in grado di rispondervi. Sarà necessaria una unione di forze e una unità di contribuzioni
La conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una
conversione comunitaria

Non tutti sono chiamati a lavorare in maniera diretta nella politica, ma in seno alla società fiorisce una innumerevole varietà di associazioni che intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano. Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere, risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recuperano legami e sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera dall’indifferenza consumistica. Questo vuol dire anche coltivare
un’identità comune, una storia che si conserva e si trasmette. In tal modo ci si prende cura del mondo e della qualità della vita dei più poveri, con un senso di solidarietà che è allo stesso tempo consapevolezza di abitare una casa comune.

Il movimento ecologico mondiale ha già fatto un lungo percorso, arricchito dallo sforzo di molte organizzazioni della società civile. Grazie a tanto impegno, le questioni ambientali sono state sempre più presenti nell’agenda pubblica e sono diventate un invito permanente a pensare a lungo termine. Ciononostante, i Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspettative a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Quanti subiranno le conseguenze che noi tentiamo di dissimulare, ricorderanno questa mancanza di coscienza e di responsabilità."

"Sì, ecco qual è la vera congiura. Persuadere tutti noi che il mondo intero è pazzo! Informe! Privo di senso! Assurdo! Ecco lo sporco gioco. Perciò ho perso la mia causa! E con questo? Lo sa? Anche lei è perduto. Tutto è perduto. Tutto. E che significa? Crede basti una sentenza a condannare l'universo intero alla follia?"


vuelvo al sur

    Toco tu boca, con un dedo toco el borde de tu boca, voy dibujándola como si saliera de mi mano, como si por primera vez tu boca se entreabriera, y me basta cerrar los ojos para deshacerlo todo y recomenzar, hago nacer cada vez la boca que deseo, la boca que mi mano elige y te dibuja en la cara, una boca elegida entre todas, con soberana libertad elegida por mí para dibujarla con mi mano por tu cara, y que por un azar que no busco comprender coincide exactamente con tu boca que sonríe por debajo de la que mi mano te dibuja.
     Me miras, de cerca me miras, cada vez más de cerca y entonces jugamos al cíclope, nos miramos cada vez más de cerca y nuestros ojos se agrandan, se acercan entre sí, se superponen y los cíclopes se miran, respirando confundidos, las bocas se encuentran y luchan tibiamente, mordiéndose con los labios, apoyando apenas la lengua en los dientes, jugando en sus recintos donde un aire pesado va y viene con un perfume viejo y un silencio. Entonces mis manos buscan hundirse en tu pelo, acariciar lentamente la profundidad de tu pelo mientras nos besamos como si tuviéramos la boca llena de flores o de peces, de movimientos vivos, de fragancia oscura. Y si nos mordemos el dolor es dulce, y si nos ahogamos en un breve y terrible absorber simultáneo del aliento, esa instantánea muerte es bella. Y hay una sola saliva y un solo sabor a fruta madura, y yo te siento temblar contra mí como una luna en el agua.


“Il velo è da sempre un simbolo di protezione. Velare i personaggi al margine, le statue fuori del circuito turistico, è da una parte un rito propiziatorio e dall’altro un atto di denuncia”.

l'età di dopo


non dire una parola che non sia d'amore

fischi e balconi