mercoledì 26 dicembre 2018

Fermi a un passaggio a livello
mi hai parlato di te
in un modo che io non conoscevo,
piano mi hai sfiorato una mano
sussurrando parole dimenticate.
Ma in un baleno
è schizzato via il treno
abbiam smesso di guardarci
poi mi hai chiesto se era un merci.
Torna a parlarmi di te
a parlare del cuore,
delle cose dimenticate.
No: mi hai guardato ridendo
sei rimasta lì muta
muta come ti ho conosciuta.

ospiterò la tua vita
con il silenzio che fa.
ospiterò la tua vita
senza domandare le parole come prova
dell'amore che parlare non saprà.
un'altra volta e nella sorte
e in ogni giorno, in ogni parte
sposami.
sono sicuro.
oltre non sopporterei
tutto questo silenzio.
io devo parlarti.
io parlerò.
qn'altra volta e ti prometto
che dopo un'ora starò zitto.
quanta gelosia sfusa della sposa mia che fa l'offesa,
silenziosa senza una posa che sia pure una scusa per fare l'offesa,
io non t'accontento mai.

ho perso la testa, e del cuore.
ho perso la testa, ho le prove.
oh, me la dici una parola?

ospita tu la mia vita
con le parole che ho.
ospita tu la mia vita,
tutta la vita che ti parlerò.

..non so rassegnarmi, mai, in nessun momento del mio giorno: l'estate che passa, il frumento ieri e l'altro ieri biondeggiante sulla terra, ed ora segato e trebbiato, l'improvviso ricordo di Sergio fanciullo che faceva il bagno con me nel fiume, ed ora è giovane brutto e grigio.
Affondiamo in una palude di volti, mani, riccioli, voci: sono enormi, illogiche, inesprimibilmente assurde le relazioni che legano gli uomini tra loro.
Io, io sono di una tristezza senza pari, continuamente in lotta con gli avvenimenti della vita, troppo belli e dolci per essere goduti.
Non mi soccorre la speranza di un qualsiasi avvenire perchè amo troppo il presente, lo amo con una violenza uguale al ricordo, alla memoria.
Qualsiasi cosa mi capiterà, sarò felice, perché io vorrei rimanere immobile in questi giorni, in questa età, in questa infelicità.
E invece i giorni mi passano sotto i piedi senza toccarmi, piuttosto simili alle ombre delle nuvole che passano sui sassi del Tagliamento.
In certi momenti, se non cado in una specie di incantesimo, o pazzia, è solo per la mia indole che per natura è pura, serena e allegra

...ti abbraccio affettuosamente
salutami i tuoi

Pier Paolo

lunedì 17 dicembre 2018


C’è chi meglio degli altri realizza la sua vita.
E’ tutto in ordine dentro e attorno a lui.
Per ogni cosa ha metodi e risposte.
E’ lesto a indovinare il chi il come il dove
e a quale scopo.
Appone il timbro a verità assolute,
getta i fatti superflui nel tritadocumenti,
e le persone ignote
dentro appositi schedari.
Pensa quel tanto che serve,
non un attimo in più,
perché dietro quell’attimo sta in agguato il dubbio.
E quando è licenziato dalla vita,
lascia la postazione
dalla porta prescritta.
A volte un po’ lo invidio
- per fortuna mi passa.

giovedì 13 dicembre 2018


domenica 2 dicembre 2018


Lui si guarda intorno e non ha già
più terra dove andare
lui si guarda intorno e non ha già
più terra dove andare
e a diciott'anni un lavoro non lo cerca più
a diciott'anni un lavoro che gli serve a fare
se si guarda intorno e non ha già
più terra dove andare
se si guarda intorno e non ha già
più terra dove andare.

Così suo padre gli fa cenno d'aspettare
e il sindacato gli fa segno di firmare
lui si guarda il cielo, il cielo è un Comitato Centrale.

Per certe donne è una questione di stile
ah, che disgrazia le questioni di stile
lui si gurda intorno e non c'è un'ombra
nella quale sparire
lui si gurda intorno e non c'è un'ombra
nella quale scomparire, eh no.

Lui si guarda intorno e non ha già
più terra dove andare
lui si guarda i piedi e non ha scarpe adatte per
continuare a ballare
lui se guarda il cielo non ha santi a cui telefonare
lui se guarda il cielo, il cielo gli fa segno di andare

sabato 24 novembre 2018

Cosí prosegui, passando da una periferia all'altra, e viene l'ora di partire da Pentesilea. Chiedi la strada per uscire dalla città; ripercorri la sfilza dei sobborghi sparpagliati come un pigmento lattiginoso; viene notte; s'illuminano le finestre ora piú rade ora piú dense. Se nascosta in qualche sacca o ruga di questo slabbrato circondario esista una Pentesilea riconoscibile e ricordabile da chi c'è stato, oppure se Pentesilea è solo periferia di se stessa e ha il suo centro in ogni luogo, hai rinunciato a capirlo. La domanda che adesso comincia a rodere nella tua testa è piú angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per quanto ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all'altro e non arrivi a uscirne?

venerdì 23 novembre 2018

Mia cara piccola ragazza,
per molto tempo avrei voluto scriverti la sera, dopo una di quelle uscite con gli amici che presto descriverò in “A Defeat”, di quel tipo quando il mondo è nostro. Volevo portarti la mia gioia del vincitore e posarla ai tuoi piedi, come facevano all’epoca del Re Sole. E poi, stanco per tutto il vociare, sono sempre e solo andato a letto. Oggi lo sto facendo per sentire il piacere, che ancora non si conosce, di trasformare all’improvviso l’amicizia in amore, la forza in tenerezza. Stanotte ti amo in un modo che non hai conosciuto in me: non sono né consumato dai viaggi, né avvolto nel desiderio della tua presenza. Sto padroneggiando il mio amore per te e lo sto girando verso l’interno come elemento costitutivo di me stesso. Questo accade molto più spesso di quanto dico a te, ma raramente quando ti sto scrivendo. Cerca di capirmi: ti amo mentre faccio attenzione alle cose esterne. Tu sei mia, le cose sono mie, e il mio amore altera le cose intorno a me e le cose intorno a me alterano il mio amore. A Tolosa ti ho semplicemente amata. Stasera ti amo in una sera di primavera. Ti amo con la finestra aperta.

giovedì 22 novembre 2018


lunedì 19 novembre 2018

Ai miei editori

A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna.
 Emilio Salgari

domenica 18 novembre 2018


venerdì 9 novembre 2018

Ti ricordi che nebbia
Ci ha seppelliti una settimana
Ricordi che abbiamo sbagliato strada
E risalendo la valle
Abbiamo scoperto che il cielo era sgombro
Eppure nemmeno lì sotto
Neppure lo schifo d'inverno
Nemmeno l'inferno
Vorrei starti lontano
Te lo dico più piano
Lo penso ogni volta che devo partire
È sempre bello tornare
Confuso, spaccato, fatto, sfatto
È bello percorrere i sensi vietati guidando veloce con gli occhi bendati raggiungerti e dirti mi piaci
Cazzo se mi piaci

Ma quanto tempo è passato?
È ricominciata l'estate
Tutto si ripete
Me ne vado lontano
E non scrivo e non chiamo
E non so bene se voglio partire
È sempre bello tornare
Confuso, spaccato, fatto, sfatto
È bello percorrere i sensi vietati guidando veloce con gli occhi bendati raggiungerti e dirti
sei la mia città fuori dal centro
sei la mia città fuori dal tempo
e quando tornerò, qualcosa cambierà

domenica 4 novembre 2018


chi mai la storia fino in fondo
del vecchio potrà raccontare?
pesare su un piatto l`assenza?
valutare in piena coscienza
tutto ciò che viene a mancare?
dei tanti dolori del mondo
stimare la somma e la mole?
rinchiudere il niente in parole?

venerdì 2 novembre 2018

Cara Aida, fino a oggi tutte le follie di cui un uomo è capace io le ho provate: nato in una notte di tempesta, vissuto tra le tempeste e gli oceani ove l’anima diventa selvaggia, e le pazzie del giornalismo ove la pazzia diventa un dovere, la mia vita doveva essere tempestosa per necessità. Ma un giorno ho veduta voi, e in me si è operato uno strano cambiamento: ho sentito il bisogno di amare, ma realmente amare fuori dalle tempeste in cui ero fino a ieri vissuto; ho sentito come il bisogno di porre un freno agli impeti ardenti del sangue febbricitante e agli impeti irrefrenabili dell’anima selvaggia. E non so, da giorni sento per la seconda volta in vita mia, una strana fiamma invadermi questo cuore che non credevo più accessibile ad alcuna reale passione dopo una terribile disillusione provata nella prima gioventù, che ho trascinata, terribile martirio, nelle mie corse attraverso i mari per lunghi anni.
Sento come un tormento che non so domare. Sono strane tempeste che certi giorni mi scoppiano nel cuore; strani fremiti che mi corrono per sangue e come un desiderio di libertà.

E pure ti ho amato, ti amo ancora immensamente: ti sogno nelle mie notti tormentose e assorbi tutto il pensiero mio e soffro in silenzio, tacitamente dell’indifferenza tua, e quanto anche! Non so, tu mi hai stregato, sento per istinto che tu mi spezzerai l’anima, che mi avvelenerai questa fantasia che lotta giorno per giorno per farmi un nome, sento che il nostro amore per qualcuno di noi sarà terribile, sarà fatale a questo qualcuno, e questo sarò io perché non saprò mai dimenticarti.

Mia cara Aida, quantunque molte, forse troppe tempeste abbiano attraverso i nostri cuori, ricorderò sempre con affetto colei che ho scelto a compagna della mia vita, e che doveva essere la luce dei miei occhi e dei miei pensieri.

Ti amo Aida,
un bel bacio, il tuo Selvaggio malese
Emilio Salgari

giovedì 1 novembre 2018


domenica 28 ottobre 2018

There is a man that live next door
In my neighborhood
And he gets me down...

He gets in so late at night
Always a fuss and fight
All through the night

I've got to get away from here
This is not a place for me to stay
I've got to take my family
We'll find a quiet place

Hear the pots and pans they fall
Bang against my wall
No rest at all

I've got to get away from here
This is not a place for me to stay
I've got to take my family
We'll find a quiet place

martedì 23 ottobre 2018


Roma, 6 gennaio 1961

Caro Einaudi,

ho ricevuto le «filastrocche» e tocco il cielo con tutte e dieci le dita. Devo proprio dirle grazie dell'edizione bellissima, molto più bella di come potevo aspettarmela. Il libro rallegra piccoli e grandi solo a sfogliarlo e ispira una gran simpatia, credo di poterlo dire come se si trattasse del libro di un altro. In famiglia mi guardano e trattano con accresciuto rispetto, e per la prima volta posso chiudere la porta del mio studio (anche se ci vado a leggere un libro giallo). Insomma, ho ricevuto i calzoni lunghi: se ha dei nemici, disponga di me.

Suo
Gianni Rodari

giovedì 11 ottobre 2018


mercoledì 12 settembre 2018

Ho tanta fede in te che durerà
(è la sciocchezza che ti dissi un giorno)
finché un lampo d’oltremondo distrugga
quell’immenso cascame in cui viviamo.
Ci troveremo allora in non so che punto
se ha un senso dire punto dove non è spazio
a discutere qualche verso controverso
del divino poema.

So che oltre il visibile e il tangibile
non è vita possibile ma l’oltrevita
è forse l’altra faccia della morte
che portammo rinchiusa in noi per anni e anni.

Ho tanta fede in me
e l’hai riaccesa tu senza volerlo
senza saperlo perché in ogni rottame
della vita di qui è un trabocchetto
di cui nulla sappiamo ed era forse
in attesa di noi spersi e incapaci
di dargli un senso.

Ho tanta fede che mi brucia; certo
chi mi vedrà dirà è un uomo di cenere
senz’accorgersi ch’era una rinascita.

L’ umiltà è conditio prima.
I nostri contemporanei sono stupidi, ma prostrarsi ai piedi dei più stupidi di essi significa pregare.
Si prega così oggi. Come sempre. Frequentare i più dotati non vuol dire accostarsi all’assoluto comunque.
Essere più gentile dei gentili. Essere finalmente il più cretino.
Religione è una parola antica.
Al momento chiamiamola educazione.

mercoledì 29 agosto 2018

blu santa chiara



















Sole
nun schiarà
fino a quanno
n'ata vota
accumminciamme a rispirà

Un giorno moriremo, ma il canto viene prima.
Nonna tu nei cortili dell’estate, già alzata all’alba,
sola ad aprire imposte e ricevere il sole,
accompagnando la febbre dei miei ultimi sogni con lo strofinio appena udibile dei tuoi pasi,
entrando dalla parte del giorno a restituirmi il mondo nella fragranza del caffellatte.
Non dimentico nulla, io crebbi sulla sponda della tua vestaglia e dei tuoi scialletti,
del tuo gusto per il lilla che ti fa come una cenere di colombe fra i capelli e le guance,
e sento un’altra volta il soave andare delle pantofole che ti portai dal Cile.
E sto vedendo la lunghissima treccia che tu lasci libera
quando ti alzi, come un ricordo dei tuoi anni di ragazza.
Tu non lo sai, nonna, però in te finisce il tempo, la successione dei giorni e delle s’piagge, delle aule e dei pianti, dell’amore nei suoi mille specchi, dell’uomo e del bambino che riconciliano le loro distanze nei tuoi occhi, oh paese della pace.
Ti vedo e sono piccolo e sono proprio io, e niente impedisce che il piccolo e l’uomo ti diano lo stesso bacio e si rifugino nel tuo abbraccio. Questi capelli che tu accarezzi e che pettinasti per la prima volta, questa fronte che stai baciando e che lavasti dal sudore della nascita, queste mani che vanno per il mondo palpando i suoi bei vuoti, e che guidasti nel primo incontro con il cucchiaio e la palla,
tornano al posto del riposo, e non se ne vanno, nonna,
sebbene io viva alzato verso tante rotte, e non se ne vanno, nonna.
La nonna spunta con il giorno a visitare l’orto e le galline
spartisce l’acqua e il mais, ammira i pomodori e i loro progressi,
e gode del racemo che si inerpica, del lampadario delle prugne regine claudie,
e va per le profondità della casa distribuendo l’ordine.
A volte mi alzo, l’accompagno e, associato ai suoi riti,
do da mangiare agli uccelli e irrigo le veccie, sento il tremito dell’acqua sui rampicanti che bucano i muri e che la ricevono crepitando e si riempiono
di scintille.
Ho dieci anni, vivo insieme ai bruchi e alle anatre, sono tenero e crudele,
ammazzo e proteggo, ordino come un re le cose del mio regno,
e sopra di me sta la nonna, le arrivo già all’altezza delle spalle, sulla punta dei piedi arrivo a baciarla,
e i nostri occhi si scoprono nell’allegria comune dei polli nati durante la notte. Il nostro giardino durò quanto l’infanzia. Né tu né io lo dimenticheremo,nonnina.
Non dimenticheremo il sapore delle pesche bianche,
delle barbabietole, delle zucche incendiate.
Fu il tempo del riso al latte coperto di cannella, del piacere delle pannocchie sulla tavola tesa sotto i pergolati.
Stai nella cucina in penombra, con i glicini alla porta,
e curi le cadenze delle bacinelle di gelatina,
le marmellate invernali che ordinerai nella credenza.
Io sto lì, con Giulio Verne e una botta al ginocchio,
felice, guardandoti, sicuro che niente potrà mai accadermi, che in mezzo al mare o all’assalto del polo con il capitano Hatteras, o appeso al cielo con Michel Ardan,
tu mi tieni con te, vicino al fornello da cui l’aroma
inzuccherato cresce come un soave vulcano dipinto a lapis.
Un giorno moriremo, ma prima viene il canto.
E non solo ieri, nonna. A ogni svolta stai lì, piccola
sotto l’architrave, imbacuccata nella tua vecchiezza
senza macchia, nella tua piccola salute,
e ogni volta che mi trae da porte e passi e uomini,
io so che tu stai lì. E che il tuo amore senza altra causa che se stesso
ci sostiene nella notte e ci restituisce l’alba dell’incontro,
e il tempo gira la testa e ci accetta interi,
con il bambino che piange tra le tue braccia,
con il viaggiatore che si lava della polvere nel tuo sorriso,
con la giovane nonna che corre in mezzo alla neve per rallegrare il nipote,
con questa vecchietta che sostiene sulla soglia la lampada del benvenuto.
E il primo che muoia sappia che niente muore
e che la perfezione regnò nel suo giorno.
The planet are linen up
Uscì a camminare per il centro, la mattina. S'aprivano larghe e interminabili le vie, vuote di macchine e deserte; le facciate delle case, dalla siepe grigia delle saracinesche abbassate alle infinite stecche delle persiane, erano chiuse come spalti. Per tutto l'anno Marcovaldo aveva sognato di poter usare le strade come strade, cioè camminandoci nel mezzo

Venne il tram, evanescente come un fantasma, scampanellando lentamente; le cose esistevano appena quel tanto che basta; per Marcovaldo quella sera lo stare in fondo al tram, voltando la schiena agli altri passeggeri, fissando fuori dai vetri la notte vuota, attraversata solo da indistinte presenze luminose e da qualche ombra più nera del buio, era la situazione perfetta per sognare a occhi aperti, per proiettare davanti a sé dovunque andasse un film ininterrotto su uno schermo sconfinato.
Così fantasticando aveva perso il conto delle fermate; a un tratto si domandò dov'era; vide il tram ormai quasi vuoto; scrutò fuori dai vetri, interpretò i chiarori che affioravano, stabilì che la sua fermata era la prossima, corse all'uscita appena in tempo, scese. Si guardò intorno cercando qualche punto di riferimento. Ma quel poco d'ombre e luci che i suoi occhi riuscivano a raccogliere, non si componevano in nessuna immagine conosciuta. S'era sbagliato di fermata e non sapeva dove si trovava.

prossima fermata, mirafiori


tra un impiegato e un non so


Acchiappa acchiappa chello ca se move
e intanto 'o popolo vo' strate nove
tu staje buono si ?
Hà 'a murì' !
Acchiappa acchiappa chest'ata semmana
e intanto 'o masto nce ha pisciato 'mmano
tu staje buono si?
Hà 'a murì'!
E se parli troppo in fretta
nun se capisce niente cchiù
staje c'o core int'e cazette
e alluccanno dice ca so' vivo
finchè so' vivo nun me puo' tuccà'

Acchiappa acchiappa ca niente è perduto
c'o mariuolo 'ncuorpo so' fujuto
tu staje buono si ?
Hà 'a murì'!
Acchiappa acchiappalo pe coppa 'e logge
primma ca ce fermano sto rilogio
tu staje buono si ?
Hà 'a murì'!

E nce abboffano 'e parole
po ce 'mparano a parlà'
ce hanno astritto 'nfaccia 'o muro
ma alluccanno dice ca so' vivo
finchè so' vivo nun me puo' tuccà'
i' so' vivo
finchè so' vivo nun me puo' tuccà'
Nuje 'a dinto 'e case nun ghittammo niente
sempe quaccosa ce po' servì'
guardanno 'a robba vecchia pare nova
nuje 'a dinto 'e case guardammo fora
e dinto 'o suonno amma murmulià'
lasciavemo 'a jurnata
e mo nun basta a niente.
quando i bisogni di crescita dei bambini non vengono ignorati e rifiutati, il vigore dei giovani dissipato e le famiglie e i quartieri rimangono coesi come unità di difesa e reciprocità, e quando la possibilità di trascendenza artistica o religiosa è affidata alle rituali e infinite forme di cultura espressiva, allora potremmo fiduciosi predire la sopravvivenza di quelle capacità di gioia e sacrificio che includiamo nella familiare categoria dell’umano

in ogni stanza cerco di ridere un po

a guardarci negli occhi


cocche cumpagno mio ha fatto nu figlio,
je ancora teng‘a capa ca nun piglia
pure si nun te muove, t’o sciglie,
‘o tiemp nun tene maniglie
tu te piense ca ‘o ‘cchiappe, ma
tutte cose cagna,
Ogni magagna mì m’ha dat ‘o fuoco,
e ogni ‘juorne che torno pe’ mme è ancora poco,
senza ca te ranno e chiagne
mo c’ho damme, primma ca tutte cose cagna
crisciuto senza scuse e senza aiuto
me ricevo nun era brutto
e già da tanno nun l'aggio creruto
sunnavo tanti ccose e in buona parte nun l'aggie avuto
e cu sti mmane aropp'a frana è continuata a sagliuta
'a capa se fa bianca a tratti
mentre aumentano 'e rimpianti tutt'e ricorde re' fatte
se fa l'ossa chille ch'era piccerille
se fa ruosse' sott'all'uocchie addiventa omme 'e l'avive visto nennillo
a dieci anni me crerevo ca papà era immortale
pò capette ca nun'era o'vero 'na matina dint'a 'na stanza 'e spitale
mammà scennette a faticà doppe vint'anne a casa
là perdette 'a capa 'ntase attacche 'e panico e crack
chello ca nun t'accire t'ammacca
ogni brivido è nu livido 'o mumento ca ciacca
ogni limite è nu stimolo e pe chesto che torno
notte e juorne
e saccio ca pure io cagno forma

tempo di bilanci

lungo po antonelli

Questa è la nostra terra
o quello che ne è rimasto
Il fiume nella pianura
mi raccomando abbiatene cura
L'acqua che passa lenta
e porta via i pensieri
I coppi di terracotta
che diventano paese
Gli argini bagnati nella stagione del freddo
si seccano d'estate col sole


tra i due nervi che abbiamo dietro il collo

giovedì 31 maggio 2018















L'uomo ha un corpo solo,
solo come la solitudine.
L'anima è stanca
di questo involucro senza connessure,
fatto d'orecchi e d'occhi,
quattro soldi di grandezza
e di pelle, cicatrice su cicatrice,
tirata sulle ossa.
Dalla cornea vola dunque via
nel pozzo spalancato del cielo,
sulla ruota di ghiaccio,
sulle ali d'un uccello,
e sente dalle inferriate
della sua vivente prigione
il sussurrare dei boschi e dei campi,
il rombo dei sette mari.
Senza corpo l'anima si vergogna,
come un corpo svestito.
Né pensieri né azione né progetti né scritti,
un enigma senza soluzione.
Chi ritorna sui suoi passi
dopo aver ballato sul palco
dove nessuno ballò?
E sogno io un'anima diversa,
in una nuova veste,
che arde passando dal timore alla speranza
come fiamma che s'alimenta nell'alcool,
priva d'ombra,
che vaghi per la terra
lasciando a suo ricordo, sul tavolo,
un lillà.
Corri, bambino,
non piangere sulla misera Euridice.
Con la tua piccola asta,
per le vie del mondo,
sospingi ancora il tuo cerchio di rame.
Anche se udibile
solo per un piccolo quarto,
in risposta ad ogni tuo passo,
allegra ed asciutta,
la Terra ti mormora nelle orecchie.

mercoledì 23 maggio 2018

torino porta nuova

Camminiamo una sera sul fianco di un colle,
in silenzio. Nell’ombra del tardo crepuscolo
mio cugino è un gigante vestito di bianco,
che si muove pacato, abbronzato nel volto,
taciturno. Tacere è la nostra virtù.
Qualche nostro antenato dev’essere stato ben solo
– un grand’uomo tra idioti o un povero folle –
per insegnare ai suoi tanto silenzio.

Mio cugino ha parlato stasera. Mi ha chiesto
se salivo con lui: dalla vetta si scorge
nelle notti serene il riflesso del faro
lontano, di Torino. “Tu che abiti a Torino…”
mi ha detto “…ma hai ragione. La vita va vissuta
lontano dal paese: si profitta e si gode
e poi, quando si torna, come me a quarant’anni,
si trova tutto nuovo. Le Langhe non si perdono”.
Tutto questo mi ha detto e non parla italiano,
ma adopera lento il dialetto, che, come le pietre
di questo stesso colle, è scabro tanto
che vent’anni di idiomi e di oceani diversi
non gliel’hanno scalfito. E cammina per l’erta
con lo sguardo raccolto che ho visto, bambino,
usare ai contadini un poco stanchi.

Vent’anni è stato in giro per il mondo.
Se n’ andò ch’io ero ancora un bambino portato da donne
e lo dissero morto. Sentii poi parlarne
da donne, come in favola, talvolta;
uomini, più gravi, lo scordarono.
Un inverno a mio padre già morto arrivò un cartoncino
con un gran francobollo verdastro di navi in un porto
e auguri di buona vendemmia. Fu un grande stupore,
ma il bambino cresciuto spiegò avidamente
che il biglietto veniva da un’isola detta Tasmania
circondata da un mare più azzurro, feroce di squali,
nel Pacifico, a sud dell’Australia. E aggiunse che certo
il cugino pescava le perle. E stacco il francobollo.
Tutti diedero un loro parere, ma tutti conclusero
che, se non era morto, morirebbe.
Poi scordarono tutti e passò molto tempo.

Oh da quando ho giocato ai pirati malesi,
quanto tempo è trascorso. E dall’ultima volta
che son sceso a bagnarmi in un punto mortale
e ho inseguito un compagno di giochi su un albero
spaccandone i bei rami e ho rotta la testa
a un rivale e son stato picchiato,
quanta vita è trascorsa. Altri giorni, altri giochi,
altri squassi del sangue dinanzi a rivali
più elusivi: i pensieri ed i sogni.
La città mi ha insegnato infinite paure:
una folla, una strada mi han fatto tremare,
un pensiero talvolta, spiato su un viso.
Sento ancora negli occhi la luce beffarda
dei lampioni a migliaia sul gran scalpiccío.

prendila così

but it's just a crazy game

A chair is still a chair
Even when there's no one sittin' there
But a chair is not a house
And a house is not a home
When there's no one there to hold you tight
And no one there you can kiss goodnight
Woah girl

A room is a still a room
Even when there's nothin' there but gloom
But a room is not a house
And a house is not a home
When the two of us are far apart
And one of us has a broken heart

Now and then I call your name
And suddenly your face appears
But it's just a crazy game
When it ends, it ends in tears

Pretty little darling, have a heart
Don't let one mistake keep us apart
I'm not meant to live alone
Turn this house into a home
When I climb the stairs and turn the key
Oh, please be there
Sayin' that you're still in love with me, yeah

I'm not meant to live alone
Turn this house into a home
I climb the stairs and turn the key
Oh, please be there, still in love
I said, still in love, still in love with me, yeah

Are you gonna be in love with me?
I want you and need you to be, yeah
Still in love with me
Say you're gonna be in love with me
It's drivin' me crazy to think
That my baby couldn't be still in love with me

Are you gonna be? Say you're gonna be
Are you gonna be? Say you're gonna be
Are you gonna be? Say you're gonna be
Well well, well well

Still in love, so in love, still in love with me
Are you gonna be?
Say that you're gonna be
Still in love with me, yeah

With me, oh
Still in love with me, yeah